VISIONE DI UN'OPERA

Titolo: Una storia per due... (e per tanti altri)
Autore: Kiara Basile
Inserita: 16/10/2003

Dai il tuo voto:

Seduta alla finestra guardava la sera invadere il viale. Teneva la testa appoggiata contro le tendine. Era stanca. Poca gente per strada. Le astromacchine che fino a poche ora prima affollavano la strada ed il cielo erano sparite, inghiottite forse da qualche garage spaziale. Ora la stella Etsi-Beti, che di giorno illuminava con la sua chiara luce il pianeta ed i suoi abitanti, si stava eclissando dietro alle desolate montagne Padme-Ui, lasciando il posto alle chiare e piccole stelle lontane. Elidea guardava tutto questo, con sguardo assorto e la mente immersa nei suoi pensieri. Chissà dov’era ora, su quale pianeta, cosa stava facendo e in compagnia di chi. Era una ragazza sognatrice, sempre con la testa fra le nuvole sognando terre lontane. Aveva lunghi capelli scuri, lisci come la seta, che teneva quasi sempre raccolti in trecce arrotolate ai due lati della testa, e grandi ed espressivi occhi chiari, uno verde come le foglie degli alberi e l’erba dei prati, uno blu come il mare ed il cielo quando si incontrano all’orizzonte. Se guardavi bene, nei suoi occhi potevi leggere tutto di lei. Quel giorno i suoi occhi erano tristi e malinconici, con una punta di rabbia per l’orgoglio ferito. Non ne poteva più di stare a guardare la guerra che era in corso, non aveva più voglia di vedere partire tutti i suoi amici uno dopo l’altro per terre lontane, sapendo che, molto probabilmente, non li avrebbe mai più rivisti. “E’ il momento di fare qualcosa”, si era detta quella mattina, davanti allo specchio, mentre si sistemava i capelli lunghissimi, da lei sempre odiati ma considerati dalla sua famiglia “l’emblema della femminilità”, “Se proprio non posso fermare la guerra, almeno cercherò di evitare che tutti i miei amici partano da soli”. Così quella sera aveva annunciato ai suoi famigliari che aveva intenzione di arruolarsi nell’esercito e di partire volontaria. Quelli prima si erano messi a ridere e le avevano chiesto se si trattava di uno scherzo, lei aveva risposto di no e allora le facce allegre e ridenti di prima si erano trasformate in visi seri. –No-, le aveva detto suo padre, -Ma perché?- aveva chiesto Elidea, -Tu non partirai per la guerra o per nessun altro posto.
Il tuo posto è qui, a casa, non su una qualche astronave in rotta per chissà dove o, ancora peggio, su un campo di battaglia a cercare di restare viva. Considero l’argomento chiuso- le aveva detto suo padre, -Ma papà…-aveva detto lei con voce supplichevole ma non aveva avuto il tempo di finire la frase che suo padre la aveva zittita con un –Chiuso!- secco e deciso, -Ora mangia che si fredda- aveva continuato suo padre con gli occhi fissi sul suo piatto di Gogi arrosto. Elidea si era alzata lentamente e, cercando di nascondere le lacrime che le uscivano dagli occhi senza più controllo, era andata a rifugiarsi in camera sua, e ora si trovava alla finestra a sognare di essere là, su una di quelle astronavi, insieme a tutti i suoi amici, in rotta verso il pianeta nemico Zorabad. Ma lei non sapeva che tutti quei sogni, nei quali ormai non sperava più, si sarebbero, in un certo senso, dopo poco, trasformati in realtà.
Infatti il giorno dopo, mentre stava scrivendo il suo diario, un giovane vestito di nero le piombò, rompendo la finestra, in camera, subito seguito da uno strano essere somigliante all’incrocio tra un granchio ed una cavalletta troppo cresciuti. Rialzatosi da terra, il ragazzo se ne uscì con –Beh, credevo di averti seminato, brutto Gulabad-, prese Elidea per la mano e la spinse sotto al letto dicendole di stare lì sotto ferma immobile finchè non le avesse detto di uscire. Per un po’ Elidea riuscì a trattenere la sua voglia di andare ad aiutare il ragazzo che le era piombato in camera ed a restarsene buona sdraiata sotto il letto, ma poi non ce la fece più, uscì dal suo nascondiglio, corse alla sua scrivania, afferrò il tagliacarte e, con un salto, fu addosso al mostro che, visto che stava combattendo con il giovanotto, non si era minimamente accorto di lei, e non se ne accorse finché non sentì un dolore lancinante al fianco destro, e un altro, e ancora un altro: era la ragazza che lo stava usando come puntaspilli. Nonostante tutto, però, le ferite provocategli dal tagliacarte non erano
che graffietti sulla sua pelle ruvida e dura, piccoli graffietti che però erano serviti a farlo distrarre dal ragazzo. Così che lui poté sferragli un colpo con la lampada così forte da stenderlo. Poi gli sparò un colpo con la sua pistola a raggi laser che lo uccise. Rimessa la pistola a posto si ricordò della ragazza: chissà dove era ora, con tutto il trambusto che era successo?
Si mise a cercarla e la trovò svenuta vicino alla scrivania, con ancora il tagliacarte in mano. La prese in braccio, la portò fuori, nel giardino, e la dispose all’ombra di un grande albero e si sedette accanto a lei. Dopo un po’ lei aprì gli occhi e vide quel ragazzo che poco prima le aveva distrutto la camera lottando contro il mostro, -Lo abbiamo poi sconfitto quel…come l’ hai chiamato…Gu Gu Gu…-
-Gulabad. Si è morto, e non so se senza il tuoi aiuto ce l’avrei fatta. Sei stata grande-
-Grazie-
-Ah dimenticavo, io sono Bluekeed-
-Io Elidea-
-Lo sai? Dovresti venire con me e arruolarti nel mio gruppo-
-Sei dell’esercito?-
-No, appartengo ad un gruppo contro il re e la sua stupida guerra e ci sarebbe utile avere una come te al nostro fianco-
-Mi piacerebbe perché anche a me il re non va molto a genio e ancora meno mi vanno a genio le sue guerre e la sua politica imperialista, ma… chi lo dice ai miei?-
-Perché, loro sono a favore del re e della guerra?-
-Mio padre è un conservatore in tutti i sensi possibili ed immaginabili e non approverebbe mai-
-Prova a chiederglielo-
-Già fatto. Ieri sera gli ho detto che avevo intenzione di arruolarmi nell’esercito, sai, non ce la faccio più a stare a guardare tutti i miei amici che se ne vanno, e lui sai cosa mi ha risposto? Che il mio posto è a casa-
-Allora vieni lo stesso senza dirglielo, lasciagli un biglietto dove gli spieghi che te ne vai, mettiti qualcosa di comodo e vieni con me-
E ci mise veramente così poco, non vedeva l’ora di andarsene da casa e cominciare ad agire.
Si incamminarono a passo svelto per un sentierino sterrato che neanche lei, nata e cresciuta in quella zona, conosceva ed Elidea ebbe, per la prima volta, la possibilità di osservare Bluekeed. Doveva avere circa vent’anni, era piuttosto alto, circa una spanna in più di lei, e aveva un bel corpo non troppo muscoloso. Aveva corti capelli biondi e occhi color nocciola, fieri e dolci allo stesso tempo. Guardava dritto davanti a sé con sguardo duro e arrogante, ma era evidente che si trattava solo di una corazza posta a coprire il suo animo dolce e sensibile. Ad un tratto lui andò fuori strada e continuò per i campi finché giunsero davanti ad un muro. Lì scostò dei rametti pieni di foglie ed apparve una porticina, dipinta in modo da imitare il disegno del muro. Entrarono e si trovarono in un ambiente leggermente buio, pieno di persone di tutte le età che discutevano e che, appena videro Elidea, smisero di parlare e rimasero immobili a guardarla. Lei e Bluekeed avanzarono nel silenzio più totale fino ad un tavolo dove erano seduti due uomini e dove anche loro si sedettero. –Lei è Elidea. E’ qui per aiutarci- disse Bluekeed ai due signori e, voltandosi verso Elidea, continuò –E loro sono Nikoden Gin-, -Piacere- disse quello stringendo la mano alla ragazza, -E Han Dodiban-, -Puoi chiamarmi Han- disse lui a sua volta. Finite le presentazioni cominciò la discussione vera e propria. –E così tu dici che lei è qui per aiutarci- disse Gin a Bluekeed, -Si, è una ragazza molto coraggiosa. Insieme abbiamo ucciso Gulabad. Non ce l’avrei mai fatta senza di lei- rispose il ragazzo, -E’ vero?- chiese Dodiban ad Elidea, -Beh, lui esagera un po’. Gli ho dato una mano, non ho fatto niente di speciale…-
rispose lei un po’ imbarazzata, -Niente di speciale?!- esordì Bluekeed –Saltare in groppa ad un mostro come quello e mettersi a puntellarlo con un tagliacarte per distrarlo tu lo chiami niente di speciale?-, -E’ successo veramente?- chiese Gin ad
Elidea, -Sì…- rispose lei, -Allora abbiamo veramente bisogno di una come te, benvenuta nel gruppo!- Allora tutti quanti si voltarono e fecero un brindisi.
Nei giorni che seguirono Elidea imparò cosa significava fare parte di un gruppo contro la monarchia, di tutte le rinunce che si dovevano fare, ma anche di tutte le soddisfazioni che si avevano quando un piano riusciva.
Una sera, dopo la festa per un piano d0attacco che aveva funzionato a dovere, Elidea e Bluekeed si trovarono soli nella stanza di lei. Fu un attimo, lo scoccare di una scintilla, i due si avvicinarono e si baciarono. Quel bacio lo avevano desiderato tanto entrambi ma, ad un tratto, Bluekeed si scostò da Elidea e disse –No, non possiamo, è meglio di no, non ora, non in guerra-, -Capisco…- disse Elidea un po’ sconsolata, -Non preoccuparti- le disse lui guardandola negli occhi e tenendola fra le braccia –Finita la guerra avremo tutte le possibilità che vorremo per vivere il nostro amore, perché, sai, io ti amo-, -Anch’io ti amo- rispose lei, -Ora devo andare- le disse lui lasciandola. Aprì la porta e se ne andò.
Il giorno dopo ebbero la comunicazione del loro prossimo incarico, quello decisivo per le sorti del pianeta, della guerra e forse della galassia intera. Le spie del gruppo avevano infatti scoperto che il re non era che un manichino retto dal malefico Dark Sky, il peggiore criminale di tutti i tempi, un uomo senza scrupoli che pensava solo ai suoi interessi. L’incarico consisteva nello scoprire dove era nascosto Sky e di ucciderlo, e di uccidere il re. Bluekeed, Elidea e altri cinque tra uomini e donne furono nominati come prima squadra, quella che doveva trovare e uccidere Sky, mentre altri sette, tra cui Gin e Dodiban, furono la seconda squadra, quella che doveva uccidere il re. Al covo rimanevano altre quindici persone.
Trovare il rifugio di Dark Sky non fu difficile, bastò seguire le onde radio che emetteva il suo apparecchio quando trasmetteva ordini al re. Il difficile fu entrare. Il covo era sorvegliato ventiquattro ore su ventiquattro da robot e le porte si aprivano
solo con un comando vocale dato con la voce di Sky. Nessuno conosceva l’interno. Dopo aver passato giorni e notti a cercare un’apertura non protetta da cui entrare si accorsero del condotto dell’aria. Era sì anch’esso protetto da raggi laser, ma con un marchingegno inventato da Diju, l’inventore del gruppo, riuscirono ad eluderli e ad entrare nel covo. Appena dentro una squadra di robot li attaccò con delle pistole a raggi laser ma la nostra squadra riuscì a cavarsela molto bene. Corsero per i corridoi e “uccisero” decine di robot, finché trovarono la stanza di Sky. Entrarono di soppiatto e, visto che era solo, decisero di mettersi allo scoperto e di affrontarlo tutti e sette insieme. Sfoderarono le loro armi e corsero davanti a lui a centro della stanza. –Ma chi siete?- chiese lui un po’ shockato –Guardie! Guardie!-, -E’ inutile che chiami i tuoi robot, Sky- disse Bluekeed con tono sarcastico –Li abbiamo già fatti fuori tutti-, detto questo si fece avanti e sferrò il primo colpo con la sua spada laser ma mancò il suo avversario; Sky ribatté il colpo e così iniziò il duello.
Mentre Bluekeed e Dark Sky combattevano, un centinaio di robot invasero la stanza e gli altri cinque della squadra andarono a battersi contro di loro. Dico cinque perché Elidea rimase per un po’ impalata, indecisa se andare a combattere i robot o aiutare il suo amato. Voltava in continuazione la testa di qua e di là e alla fine decise di andare anche lei a combattere contro Sky, visto che Bluekeed era piuttosto in difficoltà. Si avventò contro di lui col furore con cui aveva combattuto il mostro oramai due mesi prima. Fu un lungo e pericoloso duello ma alla fine i nostri ebbero la meglio e il malefico Dark Sky fu ucciso, decapitato.
Intanto, anche la seconda squadra era riuscita nel suo compito e aveva ucciso il re.
Gli anni a venire fu instaurata una democrazia e regnò la pace.
Gli appartenenti al gruppo contro il re vennero premiati e fatti senatori.
Bluekeed ed Elidea si sposarono e vissero per sempre felici e contenti, ignari però, che un altro pericolo avrebbe di lì a poco minacciato il loro pianeta.

 

Ritorna alle opere di Kiara Basile
Ritorna alla categoria Poesia